Lo schiaccianoci dei Broche. Una recensione

La tentazione sarebbe quella di lasciare la pagina bianca. La recensione mi è, in qualche modo, già stata consegnata prima dello spettacolo e non mi sentirei di aggiungere altro.

Lo spettacolo si ispira e rivisita il racconto di Hoffman Lo schiaccianoci  e il re dei topi, ma non è la stessa cosa. E si contamina anche de’ Il signore delle mosche di Golding e della biografia de “El Petiso Orejudo”, il bambino-killer argentino dei primi del Novecento.

Uno spettacolo che va a minare stereotipi e convenzioni sociali che si scaglia contro il finto buonismo borghese dei sentimenti: il sangue si mescola alle paillettes, dando forma, odore e consistenza al decadentismo del sentimento.

Una performance che ruota attorno al tema della grande madre, che non può prescindere dalla cattiveria del bambino, componente fondamentale dell’istinto umano. L’infanzia come contemporaneo luogo della cattiveria e dell’innocenza.

Uno spettacolo complesso, complesso quanto la pluralità dei linguaggi utilizzati: il video, la foto, la musica, la danza e la mimica, il canto, la parola, scritta e orale. Un ragionamento che procede per metafore, che colpisce e che lascia un segno, non sempre decifrabile, anzi, quasi mai decifrabile. La metafora per smascherare i modi borghesi e la religione bigotta.

Ci sono due bambini assillanti, che giocano all’infinito, sorta di doppio schizofrenico della stessa creatura. C’è un ragazzo affascinante, desiderato e desiderabile dalla donna. E un prete, simbolo del senso di colpa.

Due attrici rappresentano la donna madre, una militaresca, scura; l’altra eterea, immateriale, sottile, elegante. Corpo e spirito. Mater familiae e vamp. Due facce della stessa medaglia.

Uno scontro-incontro continuo tra infanzia ed età adulta.

Lo spettacolo continua in qualche modo anche dopo, quando lo spettatore legge la lettera metabolica che ha trovato sulla sedia prima dell’inizio dello spettacolo.  Nella busta sono contenuti i punti salienti della poetica dei Broche.

Personalmente avrei preferito trovare un foglio bianco dentro la busta della lettera metabolica.

Eleonora Bagnani

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